...continua

Dicevo: ...continua.

E allora penso che il mio studio sia forse uno tra i più belli, non dico del mondo, ma di Milano.
Certo sei mesi e mezzo di stage sono duri a morire.

Quando fai uno stage servi ma non hai una funzione propria.
E' come se non avessi confini, limiti, tratti distintivi.
Personalità?

Sei qualcuno. Forse qualcosa.
Ma chi e cosa?

Quando entro in un luogo a me nuovo lo faccio in punta di piedi.
Timidezza, discrezione, non lo so.
Io arrivo sul lungo tempo che se mi conosci oggi potrei essere in un modo che dopo mesi diventa l'opposto.
Ci vuole pazienza, meglio detta curiosità di scoperta.

So che in quei mesi non ero certo quella che le persone, che mi vedono ogni giorno oggi, pensano e so che quei mesi sono stati una scuola.
Una prova.
E l'ho vinta.

E allora penso che il mio studio sia forse uno tra i più belli, non dico del mondo, ma di Milano.

E' un open space che a volte sembra una casa.
Dove si lavora tutti intorno ad un tavolo forato al centro.
Con la propria postazione fissa e il proprio Mac.
Il tavolo del pranzo e la cucina.
La musica.
La televisione in casi eccezionali, tipo durante i mondiali.
Le risate e perché no le incomprensioni, i brutti musi ... e quei termini propri che differenziano un lavoro da un altro.
Server, Dse, Admin, dida, temporizzazione ... 

E allora penso che il mio studio sia forse uno tra i più belli, non dico del mondo, ma di Milano.
Non troppo inflessibile e piegato alle particolarità di ognuno.
Strambe e varie.

Il primo aprile 2010 ho firmato il contratto.
No, non è uno scherzo.

Il primo aprile 2010 ho firmato il contratto.
Ed è come se un filo si fosse sbracciato tra me e il mondo, intendo tra me e il mondo del lavoro.

Quel giorno sono diventata la responsabile dell'inserimento della parte contenutistica del sito Vogue.it
Non saprei in quale altro modo spiegarmi.
Quindi e-mail come pioggia battente, telefono che squilla o chiama la redazione, planning da seguire.
I canali - magazine, trends, talents, beauty, stars ... - che si alternano con priorità variabile.

Fiato sul collo delle volte e c'è da dire che se tutto è più calmo io mi annoio.

Quel giorno si è aperta una porta.
No, non mi riferisco alla porta di sotto, aperta da mesi perché rotta.
Parlo di un ingresso immaginario.
Prendila come un arco sotto al quale poter passare, indisturbata.
No, non è nemmeno l'arco delle parole sospese di una volta.
Chiamiamola possibilità.
Che forse si capisce meglio.

Ricomincio:
quel giorno si è presentata una possibilità che nel tempo ho colto.

...continua

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